Profili giuridici del controllo della qualità e della salubrità delle acque nel condominio
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Profili giuridici del controllo della qualità e della salubrità delle acque nel condominio

Il decreto, 2/2/2001 n. 31 al fine di perseguire finalità preventive, promuove la tutela della salute pubblica delle acque destinate al consumo umano attraverso una serie di obblighi (art. 4) consistenti nella salubrità e nella pulizia delle acque e nell’assenza in esse di microrganismi e parassiti, e di altre sostanze.

La responsabilità dell’amministratore del condominio nella somministrazione di acqua dal punto di consegna collettiva al rubinetto del singolo condomino.

La legge 11.12.2012 n. 220 opera diretto riferimento alla problematica della sicurezza degli edifici e dei suoi abitanti in un numero notevole di norme. L’articolo 5, che riforma l’articolo 1120 del codice civile, al primo comma n. 2) sostiene che nel novero delle innovazioni deliberabili dall’assemblea vi sono anche: “1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti;”

L’articolo 6, che riforma l’articolo 1122, ora rubricato come “Opere su parti di proprietà o uso individuale” afferma: “Nell’unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all’uso comune, che siano state attribuite in proprietà o destinate all’uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. In ogni caso è data preventiva notizia all’amministratore che ne riferisce all’assemblea”.

Gli articoli 9 e 10, che sostituiscono gli articoli 1129 e 1130 del codice civile, affermano che è una grave irregolarità, la quale legittima i condomini a chiedere la convocazione dell’assemblea per fare cessare la violazione e revocare il mandato all’amministratore, l’omessa tenuta da parte di quest’ultimo del registro di anagrafe patrimoniale contenente ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza. Inoltre sempre l’articolo 9 afferma: “Alla cessazione dell’incarico l’amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e a eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto a ulteriori compensi”.

La lettura combinata di dette norme consente di affermare l’obbligo per l’amministratore di tenere una sorta di "fascicolo del fabbricato" idoneo a ricostruirne le sue vicende e le caratteristiche con particolare normativa di sicurezza. Il d.lgs n. 31/2001, modificato dal d.lgs n. 27/2002, estende all’amministratore del condominio la responsabilità della igiene dell’acqua somministrata nel condominio dal punto di consegna da parte del pubblico distributore fino al rubinetto. Inoltre anche nei suoi confronti è stabilito (art. 15) il termine del 25/12/2003 per adeguare la qualità delle acque destinate al consumo umano ai valori di parametro dell’allegato I del d.lgs. n. 31/2001 infatti:

- il gestore del servizio idrico integrato è anche chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili (art. 2, comma primo, lettera c). 

- i valori di parametro fissati nell’allegato I devono essere rispettati per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione nel punto di consegna ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo di inquinamento del campione, in un punto prossimo della rete di distribuzione rappresentativo e nel punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano (art. 5, comma primo, lettera a).

 

Nei confronti dell’amministratore del condominio sono irrogabili in astratto le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie corrispondenti al pagamento:

* della somma da euro 10.329 a euro 61.974 (art. 19, comma primo) qualora fornisca acqua destinata al consumo umano che contenga microrganismi o parassiti o altre sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, ovvero non soddisfi i requisiti minimi previsti dalle parti A e B dell’allegato oppure non siano conformi ai provvedimenti adottati dall’autorità d’ambito sentita l’azienda unità sanitaria locale;

* della somma da euro 5.164 a euro 30.987 (art. 19, comma secondo) se non adempie agli obblighi del d.lgs n. 31/2001(art. 5, comma secondo) nelle seguenti ipotesi:

- quando i valori di parametro fissati nell’allegato I non siano rispettati nel punto di consegna;

- per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico non assicuri che i valori parametro fissati nell’allegato I, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto;

* della somma da euro 5.164 a euro 30.987 (art. 19, comma terzo, lettera b) se non ottempera le prescrizioni adottate dalle pubbliche autorità (ai sensi dell’articolo 5, comma terzo o 10, commi 1 e 2) se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico;

* della somma da euro 10.329 a euro 61.974 (art. 19, comma terzo, lettera c) se non ottempera le prescrizioni adottate dalle pubbliche autorità ( ai sensi dell’articolo 5, comma terzo o 10, commi 1 e 2) se i provvedimenti riguardano la fornitura di acqua destinata al consumo umano; 

* della somma da euro 5.165 a euro 30.987 (art. 19, comma quarto – bis) se non conserva per un quinquennio i risultati del controllo delle acque per consentire l’eventuale conservazione da parte dell’amministrazione che effettua i controlli esterni. Inoltre nei confronti dell’amministratore del condominio il sindaco del comune territorialmente competente, a seguito della richiesta dell’azienda unità sanitaria locale o dell’autorità d’ambito, può emettere un’ordinanza, giustificata da motivi di igiene, la quale gli prescriva l’adozione, entro un termine congruo, delle misure tecniche necessarie per tutelare la correttezza sanitaria, secondo quanto contemplato dal d.lgs. n. 31/2001, della somministrazione delle acque dal punto di arrivo dell’acqua distribuita dal servizio pubblico al rubinetto. L’inosservanza dell’adempimento delle prescrizioni dell’ordinanza, ritualmente notificata all’amministratore, integra una fattispecie di reato ed è sanzionata dall’articolo 650 del codice penale con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino ad euro 206.

 

In ogni caso la questione maggiormente rilevante è se sussista una responsabilità amministrativa, penale o civile dell’amministratore di condominio, nei confronti dei condomini, che non rispetti il termine del 25/12/2003 per adeguare la qualità delle acque destinate al consumo umano ai valori di parametro dell’allegato I del d.lgs. n. 31/2001. Nella materia qui trattata occorre fare riferimento al contenuto delle attribuzioni dell’amministratore, disciplinate dall’articolo 1130 del codice civile, per le quali deve:

- eseguire le deliberazioni dell’assemblea dei condomini e curare l’osservanza del regolamento di condominio;

- disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune, in modo che ne sia assicurato il migliore godimento a tutti i condomini;

- riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell’edificio e per l’esercizio dei servi comuni; - compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio;

- rendere annualmente il conto della sua gestione.

 

Inoltre l’articolo 2051 del codice civile afferma che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose in custodia, salvo che provi il caso fortuito. L’azione di responsabilità promossa, ex art. 2051 del codice civile, per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’uso di una cosa di proprietà comune dei condomini (ovvero l’ascensore ) può essere riferita esclusivamente ai condomini stessi che sono collettivamente titolari dell’obbligo di custodia e non al condominio in quanto tale, che è un semplice ente di gestione e non assume soggettività autonoma, né al suo amministratore, la cui figura giuridica deve essere assimilata a quella del mandatario. Per le cose in custodia il concetto di insidia o trabocchetto è caratterizzato da una situazione di pericolo occulto connotato dalla non visibilità (elemento oggettivo) e dalla non prevedibilità (elemento soggettivo) e l’indagine relativa alla sussistenza di tale situazione e della sua efficienza causale nella determinazione dell’evento dannoso è demandata al giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità qualora la relativa valutazione sia sorretta da congrua ed adeguata motivazione. In tale materia l’articolo 2051 del codice civile non esonera il danneggiato dall’onere di provare il nesso causale fra cosa in custodia e danno, ovvero dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre spetta al custode di dimostrare il caso fortuito. In ogni caso ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2051 del codice civile il danneggiato deve provare il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno, che sussiste o se il nocumento è stato causato dal dinamismo connaturato alla cosa o se in essa è insorto un agente dannoso, ancorché proveniente dall’esterno.

La prova del caso fortuito, che può vincere la responsabilità presunta dell’articolo 2051 del codice civile, può consistere anche nel fatto del terzo, che non si sia potuto prevedibilmente evitare e che sia stato da solo la causa dell’evento, e può comprendere, anche, le omissioni degli organi pubblici tenuti ad intervenire per garantire la comune incolumità ( ed in tale caso può configurarsi un concorso di responsabilità) allorquando la situazione della cosa sia di suo già pericolosa ed il danno prevedibile e quindi evitabile. In tale caso il custode ha l’obbligo di prevenire, esercitando il controllo della cosa in custodia ed attivandosi, anche autonomamente ed a prescindere dall’intervento della pubblica autorità, per evitare che dalla cosa in custodia derivino danni ai terzi. In tale ipotesi la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva affermato la responsabilità del proprietario di un albero per il danno subito da un passante colpito dalla sua caduta durante un temporale e che aveva escluso l’attribuibilità dell’evento ai Vigili del Fuoco che, alcuni giorni prima ne avevano constatato la pericolosità, limitandosi ad invitare il proprietario a rimuoverlo al più presto ed astenendosi da ogni intervento diretto.

Per rispondere al quesito iniziale l’amministratore di condominio, in quanto custode dei beni comuni e di esecutore della volontà assembleare del condominio, non è un soggetto direttamente, personalmente e civilmente responsabile delle violazioni e delle sanzioni amministrative ( ed eventualmente penali nell’ipotesi prevista dall’articolo 650 c.p.) contenute nel d.lgs. n. 31/2001 qualora abbia diligentemente e tempestivamente informato il condominio degli obblighi legislativi sopra citati e, in sede di assemblea, abbia richiesto l’adozione delle misure imposte. In relazione al termine previsto del 25/12/2003 occorre notare che appare umanamente impensabile che entro tale data tutti i condomini italiani abbiano provveduto ad ottemperare alla nuova normativa: pertanto, al fine di consentire la reale applicazione delle norme predette, la soluzione del problema deve avvenire con la necessaria gradualità. Invero una soluzione accettabile è che l’amministratore provveda, innanzitutto, ad affrontare concretamente e in via d’urgenza le situazioni conosciute di contrarietà al d.lgs. n. 31/2001 e manifestate alla sua attenzione da condomini i quali lamentino inconvenienti igienici evidenti nella distribuzione delle acque al rubinetto. In seguito, nel corso dell’anno 2004, sarà una misura ragionevole, appropriata e prudenziale quella di inserire nell’ordine del giorno delle assemblee condominiali l’esecuzione delle misurazioni a campione sulla rete idrica condominiale e l’adozione delle misure tecniche conseguenti.

Per definire l’importanza del rispetto della regola dell’arte in materia idrica condominiale occorre fare riferimento alle seguenti norme di diritto privato. In primo luogo l’articolo 1176 del codice civile, il quale definisce la diligenza del debitore nell’adempimento dell’obbligazione, afferma che nelle obbligazioni inerenti all’esercizio di un ‘attività professionale, la diligenza deve valutarsi in “riguardo alla natura dell’attività esercitata”. Inoltre l’articolo 2224 del codice civile, riguardante l’esecuzione dell’opera, sostiene che se il prestatore d’opera non procede all’esecuzione dell’opera secondo le condizioni stabilite dal contratto e a regola d’arte, il committente può fissare un congruo termine entro i quale il prestatore d’opera deve conformarsi a tali condizioni e se detto periodo trascorre inutilmente, il committente può recedere dal contratto, salvo i diritto al risarcimento dei danni. Le regole dell’arte sono definibili:

- nei materiali e componenti costruiti secondo le norme tecniche per la salvaguardia della sicurezza dell’UNI e del CEI, nonché nel rispetto della legislazione tecnica vigente in materia di sicurezza;

- nelle norme della direttiva 98/83/CE concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano;

- nelle norme EN armonizzate europee, pubblicate in inglese, francese e tedesco ed immediatamente applicabili nell’Unione Europea in quanto emanate a seguito di direttive europee;

- nelle norme del d.lgs. n. 31/2001 e del d.lgs. n. 27/2002.

 

La dichiarazione di conformità dell’impianto idrico deve essere redatta dall’impresa installatrice sulla base del modello allegato al D.M. n. 37/2008.

Il d.lgs. 2/2/2001 n. 31 contenente norme relative all’igiene delle acque distribuite per il consumo umano. 

 La tutela della pubblica incolumità nell’uso dell’acqua a scopo alimentare è rafforzata dal d.lgs. 2/2/2001 n. 31 ( pubblicato sul supplemento ordinario n. 41 alla Gazzetta Ufficiale n. 52 del 3/3/2001) che recepisce nel nostro ordinamento giuridico la direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano.

Il d.lgs. n. 31/2001 disciplina ( art. 1) la qualità delle acque destinate al consumo umano dagli effetti negativi derivanti dalla contaminazione delle acque garantendone la salubrità e la pulizia. Le acque destinate al consumo umano e contemplate nel decreto sono quelle (art. 2) trattate o non trattate destinate ad uso potabile e per la preparazione di cibi e bevande e quelle utilizzate in un’impresa alimentare per l’immissione nel mercato di prodotti commestibili dall’uomo, mentre sono escluse (art.3) le acque minerali e medicinali riconosciute, nonché le acque destinate agli usi che non hanno ripercussione sulla salute umana e individuate dal Ministero della salute di concerto con i ministri dell’industria, del commercio e dell’artigianato, dell’ambiente, dei lavori pubblici e delle politiche agricole e forestali.

Il decreto, al fine di perseguire finalità preventive, promuove la tutela della salute pubblica delle acque destinate al consumo umano attraverso una serie di obblighi (art. 4) consistenti nella salubrità e nella pulizia delle acque e nell’assenza in esse di microrganismi e parassiti, e di altre sostanze in quantità o concentrazioni che rappresentino un potenziale pericolo per la salute umana. Inoltre, in via generale, i requisiti minimi di tali acque debbono rispondere a quelli previsti dalle parti A e B dell’allegato 1 del d.lgs. n. 31/2001. Il decreto prevede (art. 5) il rispetto di tali parametri di sicurezza nei seguenti punti:

 

- per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione nel punto in cui escono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano;

- per le acque fornite da una cisterna nel punto in cui escono dalla cisterna;

- per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte nei contenitori;

- per le acque utilizzate nelle imprese alimentari nel punto in cui sono utilizzate dall’impresa.

 

Per le acque distribuite con una rete di distribuzione qualora i parametri non siano conformi ai valori fissati nell’allegato 1 del decreto le aziende sanitarie locali sono tenute ad adottare le seguenti misure disponendo che:

 

- siano prese misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura;

- i consumatori interessati siano debitamente informati e consigliati sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare. I controlli (art. 6), da eseguirsi con analisi dei parametri dell’allegato I con le specifiche indicate nell’allegato III, devono essere eseguiti sui punti di prelievo delle acque superficiali e sotterranee destinate al consumo umano, sugli impianti di adduzione, sulle reti di distribuzione, sugli impianti di confezionamento, sulle acque confezionate, sulle acque utilizzate nelle imprese alimentari, sulle acque fornite mediante cisterna.

 

I controlli sono di due tipi quelli interni (art. 7) e quelli esterni (art.8). I controlli interni non devono essere solo e necessariamente di natura pubblica, ma possono essere svolti anche, mediante l’attività di laboratori convenzionati, dal gestore del servizio idrico integrato al fine di verificare la qualità dell’acqua destinata al consumo umano e i punti di prelievo, in un’ottica di fattiva collaborazione con l’ente pubblico, possono essere concordati con l’azienda sanitaria locale ed i risultati devono essere conservati per cinque anni per l’eventuale consultazione con l’amministrazione che effettua i controlli esterni. I controlli esterni, affidati all’azienda sanitaria locale territorialmente competente, verificano che le acque destinate al consumo umano soddisfino i requisiti del d.lgs. n. 31/2001 e, inoltre, sono svolti tenendo conto dei risultati del rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici previsto dall’articolo 43 del d.lgs. 11/5/1999 n. 152 e per le acque superficiali dei risultati della classificazione effettuati secondo le modalità previste nell’allegato 2, sezione A, del d.lgs. n. 152/1999. L’azienda sanitaria locale può svolgere ulteriori controlli con ricerche supplementari delle sostanze e dei microrganismi per i quali non sono fissati valori di parametro dell’allegato I e qualora gli impianti da controllare ricadano nel territorio di più aziende sanitarie locali il coordinamento è affidato alla regione la quale può individuare l’azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli.

Il d.lgs. n. 31/2001 sancisce (art.8) il principio, fondamentale per assicurare la tutela della pubblica incolumità, per cui nessuna sostanza o materiali utilizzati per i nuovi impianti o per l ‘adeguamento di quelli esistenti, per la preparazione o la distribuzione delle acque destinate al consumo umano, o impurezze associate a tali sostanze o materiali in acque destinate al consumo umano devono essere presenti in acque destinate al consumo umano in concentrazione superiore a quelle consentite per il fine per cui sono impiegati e non debbono ridurre, direttamente o indirettamente, la tutela della salute umana prevista dal presente decreto. Le autorità competenti, informati i consumatori, possono emettere (art. 10) i provvedimenti necessari per ripristinare la qualità delle acque e può vietare, nei casi di potenziale pericolosità per la salute umana, la somministrazione delle acque. Sono distinte le competenze dello stato (art. 11), delle regioni e delle province autonome (art. 12) ed infine è previsto (art. 15) che la qualità delle acque destinate al consumo umano deve essere resa conforme ai valori di parametro previsti dall’allegato I entro il 25 dicembre 2003. Le eccezioni a tale data generale di adeguamento sono le seguenti:

- entro il 25/12/2008 il valore di bromato deve essere adeguato per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, per le acque fornite da una cisterna, per le acque utilizzate nelle imprese alimentari (art. 5 comma 1, lettere a, b, d e nota 2 dell’allegato I parte B);

- entro il 25/12/2013 il valore di piombo deve 16 dottrina >> n. 210 - gennaio 2017 essere adeguato per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione, per le acque fornite da una cisterna, per le acque utilizzate nelle imprese alimentari (art. 5 comma 1, lettere a, b, d e nota 4 dell’allegato I parte B).

In ogni caso e senza la previsione di termini dilatori per l’efficacia della disciplina di sicurezza la nota 10 dell’allegato I parte B del d.lgs. n. 31/2001 prevede che i responsabili della disinfezione devono adoperarsi affinché il valore parametrico sia il più basso possibile senza compromettere la disinfezione stessa e i composti specifici sono: cloroformio, bromoformio, dibromoclorometano, bromodiclorometano.

Il d.lgs. 2/2/2002 n. 27 e le modifiche alla disciplina al d.lgs. n. 31/2002

Il d.lgs. 2/2/2002 n. 27 (pubblicato sulla G.U. n. 58 del 9/3/2002) apporta le seguenti modifiche alla disciplina del d.lgs. n. 31/2001.

Il gestore del servizio idrico integrato è anche chiunque fornisca acqua a terzi attraverso impianti idrici autonomi o cisterne, fisse o mobili (art. 2, comma primo, lettera c).

I valori di parametro fissati nell’allegato I devono essere rispettati:

* per le acque fornite attraverso una rete di distribuzione nel punto di consegna ovvero, ove sconsigliabile per difficoltà tecniche o pericolo di inquinamento del campione, in un punto prossimo della rete di distribuzione rappresentativo e nel punto in cui queste fuoriescono dai rubinetti utilizzati per il consumo umano (art. 5, comma primo, lettera a);

* per le acque confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano, nel punto in cui sono imbottigliate o introdotte in contenitori e nelle confezioni in fase di commercializzazione o comunque di messa a disposizione per il consumo (art. 5, comma primo, lettera c). Il responsabile della gestione dell’impianto risulta avere adempiuto agli obblighi del d.lgs n. 31/2001(art. 5, comma secondo ) nelle seguenti ipotesi:

* quando i valori di parametro fissati nell’allegato I sono rispettati nel punto di consegna sopra citato;

* per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico il titolare o il responsabile della gestione dell’edificio o della struttura devono assicurare che i valori parametro fissati nell’allegato I, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto.

Qualora (art. 5, comma terzo) ricorra il pericolo che le acque sopra descritte, pur essendo nel punto di consegna rispondenti ai valori di parametro indicati all’allegato I, non rispettino tali valori all’uscita dal rubinetto l’azienda sanitaria locale:

* dispone che il gestore adotti misure appropriate per eliminare il rischio che le acque non rispettino i valori di parametro dopo la fornitura;

* unitamente al gestore informa e consiglia i consumatori sugli eventuali provvedimenti e sui comportamenti da adottare. In ogni caso (art. 6, comma quinto) il giudizio di idoneità dell’acqua destinata al consumo umano deve essere emesso dall’azienda U.S.L. territorialmente competente.

Il sistema dei controlli (art. 7, commi 1, 2, 3) è il seguente:

* i controlli interni sono quelli che il gestore deve effettuare per la verifica della qualità dell’acqua destinata al consumo umano;

* i punti di prelievo e la frequenza dei controlli devono essere concordati con l’azienda sanitaria locale;

* al fine di effettuare i controlli il gestore si avvale di laboratori di analisi interni oppure stipula un’apposita convenzione con altri gestori di servizi idrici.

Per effettuare i controlli esterni sulla qualità delle acque è consentito (art. 8, comma settimo) alle aziende unità sanitarie locali avvalersi per le attività di laboratorio, oltre ai laboratori ARPA, anche dei propri laboratori. Laddove le acque destinate al consumo umano non corrispondano ( art. 10) ai valori di parametro fissati nell’allegato I l’azienda unità sanitaria locale interessata:

* comunica al gestore l’avvenuto superamento;

* propone al sindaco l’adozione degli eventuali provvedimenti cautelativi a tutela della pubblica incolumità i quali devono essere emessi dopo avere considerato sia l’entità del superamento del valore di parametro e dei rischi potenziali per la salute umana sia i rischi che potrebbero derivare da un’interruzione della somministrazione idrico.

A seguito della predetta comunicazione il gestore, dopo avere consultato l’azienda sanitaria locale e l’autorità di rifornimento, individua tempestivamente le cause della non conformità delle acque ed attua gli interventi necessari per consentire l’immediato ripristino delle qualità delle acque erogate anche qualora ricorra la presenza di sostanze o agenti biologici in quantità tali che possono determinare un rischio per la salute umana. Comunque dei provvedimenti adottati il sindaco, il gestore e l’autorità d’ambito informano i consumatori in ordine ai provvedimenti adottati.

Il termine (art. 15) per la messa in conformità delle acque ai valori del parametro dell’allegato I è stabilito per il 25/12/2003 fatti salvi i termini previsti dalle note 2, 4, 10 e 11 dell’allegato I, parte B.Secondo quanto previsto dall’articolo 117, comma quinto, della Costituzione, e fatto salvo quanto previsto dalla relativa legge di attuazione dello stato nelle materie di competenza delle regioni e delle province autonome, le disposizioni del d.lgs. n. 31/2001 si applicano ( art. 19 – bis) alle regioni ed alle province autonome di Trento e di Bolzano qualora le stesse non abbiano già recepito nei rispettivi ordinamenti la direttiva 98/83/CE e fino alla data di attuazione di tale normativa che le predette regioni e province autonome adottano nel rispetto dei principi fondamenta del decreto. Inoltre (art. 20 comma secondo) le norme tecniche adottate ai sensi del DPR 24/5/1988 n. 236 restano in vigore, qualora siano compatibili con le disposizioni del decreto, fino all’adozione di diverse specifiche tecniche in materia.

Il sistema sanzionatorio amministrativo del d.lgs. n. 31/2011.

Le violazioni delle norme del d.lgs. n. 31/2001, come modificato dal d.lgs. n. 27/2002, sono sanzionate con le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie che consistono (art. 19) nel pagamento: * della somma da euro 10.329 a euro 61.974 (art. 19, comma primo) per chiunque fornisca acqua destinata al consumo umano che contenga microrganismi o parassiti o altre sostanze in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, ovvero non soddisfi i requisiti minimi previsti dalle parti A e B dell’allegato oppure non siano conformi ai provvedimenti adottati dall’autorità d’ambito sentita l’azienda unità sanitaria locale; * della somma da euro 5.164 a euro 30.987 (art. 19, comma secondo ) nei confronti del responsabile delle gestione dell’impianto in quale non adempia agli obblighi del d.lgs n. 31/2001(art. 5, comma secondo ) nelle seguenti ipotesi:

- quando i valori di parametro fissati nell’allegato I non siano rispettati nel punto di consegna;

- per gli edifici e le strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico il titolare o il responsabile della gestione dell’edificio o della struttura non assicurino che i valori parametro fissati nell’allegato I, rispettati nel punto di consegna, siano mantenuti nel punto in cui l’acqua fuoriesce dal rubinetto;

* della somma da euro 5.164 a 30.987 (art. 19, comma terzo) per chiunque utilizza, in imprese alimentari, mediante incorporazione o contatto per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l’immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinate al consumo umano, acqua che, pur conforme al punto di consegna agli obblighi generali stabiliti dall’articolo 4, comma secondo, del d.lgs n. 31/2001, non lo sia al punto in cui essa fuoriesce dal rubinetto, se l’acqua utilizzata ha conseguenze per la salubrità del prodotto alimentare finale; * della somma da euro 258 a euro 1.549 ( art. 19, comma terzo, lettera a) per chi non ottemperi le prescrizioni adottate dalle pubbliche autorità ( ai sensi dell’articolo 5, comma terzo o 10, commi 1 e 2) se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l’acqua non è fornita al pubblico;

* della somma da euro 5.164 a euro 30.987 (art. 19, comma terzo, lettera b) per chi non ottemperi le prescrizioni adottate dalle pubbliche autorità ( ai sensi dell’articolo 5, comma terzo o 10, commi 1 e 2) se i provvedimenti riguardano edifici o strutture in cui l’acqua è fornita al pubblico;

* della somma da euro 10.329 a euro 61.974 (art. 19, comma terzo, lettera c) per chi non ottemperi le prescrizioni adottate dalle pubbliche autorità ( ai sensi dell’articolo 5, comma terzo o 10, commi 1 e 2) se i provvedimenti riguardano la fornitura di acqua destinata al consumo umano;

* della somma da euro 5.165 a euro 30.987 (art. 19, comma quarto – bis) per chi non conservi per un quinquennio i risultati del controllo delle acque per consentire l’eventuale conservazione da parte dell’amministrazione che effettua i controlli esterni;

* della somma da euro 10.329 a euro 61.974 (art. 19, comma quinto ) per chi violi le garanzie di qualità del trattamento, delle attrezzature e dei materiali previste dall’articolo 9;

* della somma da euro 5.165 a 30.987 ( art. 19, comma 5 – bis) per la violazione delle disposizioni statali adottate per assicurare le norme tecniche per assicurare la potabilizzazione e la disinfezione delle acque, l’adozione di norme tecniche per l’installazione degli impianti di acquedotto, per l’adozione di norme tecniche concernenti il settore delle acque destinate al consumo umano confezionate in bottiglie o in contenitori, nonché per il confezionamento di acque per equipaggiamenti di emergenza, per l’adozione di prescrizioni tecniche concernenti l’impiego delle apparecchiature tendenti a migliorare le caratteristiche dell’acqua potabile distribuita sia in ambito domestico che nei pubblici esercizi.

La normativa di sicurezza penale sul lavoro prevista dal d.lvo n. 81/2008 relative alla prevenzione della legionella e di altri agenti patogeni nelle acque distribuite ai lavoratori ed al pubblico.

L’allegato XLVI del d.lgs. 8/4/2008 n. 81 classifica la legionella come agente biologico del gruppo 2 che, a sua volta, l’articolo 268, comma primo lettera b, del d.lgs. 81/2008 definisce come “un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaga nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche”. Il datore di lavoro è obbligato (articolo 271 d.lvo n. 81/2008) a:

- valutare il rischio di tale agente patogeno redigendo il relativo documento di valutazione (articolo 17, comma primo, del d.lgs. 81/2008);

- applicare i principi di buona prassi microbiologica;

- adottare, in relazione ai rischi accertati, le misure protettive e preventive adattandole alle particolarità delle situazioni lavorative. Particolarmente significativo, in relazione alle misure di contrasto della legionellosi, è l’articolo 273 del d.lgs. 81/2008 che, laddove la valutazione dell’articolo 272 evidenzi pericoli per la salute dei lavoratori, prevede i seguenti obblighi del datore di lavoro il quale deve adottare le seguenti misure precauzionali: - disporre che i lavoratori fruiscano di servizi sanitari adeguati provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonché, se del caso, di lavaggi oculari e antisettici per la pelle;

- fornire ai lavoratori gli indumenti protettivi o gli altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti civili;

- prevedere che i dispositivi di protezione individuale siano controllati, disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo, parimenti, a far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell’utilizzazione successiva;

- che, allorquando il lavoratore lasci la zona di lavoro, vengano tolti gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere contaminati da agenti biologici e siano conservati separatamente dagli altri indumenti, che siano disinfettati, puliti e se necessario distrutti;

- vietare l’assunzione di cibi o bevande o fumo nelle aree di lavoro nelle quali vi sia rischio di esposizione.

L’art. 274 contempla misure specifiche per le strutture sanitarie e veterinarie le quali prevedono che il datore di lavoro in occasione della valutazione dei rischi:

- presti attenzione particolare alla possibile presenza di agenti biologici nell’organismo dei pazienti o degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale presenza comporta in relazione all’attività svolta;

- provvede all’adozione di procedure che consentano di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per l’operatore e per la comunità i materiali e i rifiuti contaminati, misure indicate nell’allegato XLVII in funzione dell’agente biologico procedure per le strutture di isolamento che ospitano pazienti o animali che potrebbero esser contaminati da agenti biologici del gruppo 2,3 o 4.

Le sanzioni penali per i reati previsti dal d.lgs. 81/2008 sono le seguenti contravvenzioni:

- l’articolo 282, comma primo, punisce il datore di lavoro con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da euro 2.500 a euro 6.400 qualora violi il disposto dell’articolo 271, commi 1,3 e 5 ovvero che non valuti il rischio;

- l’articolo 282, comma primo lettera a), sanziona il datore di lavoro ed i dirigenti con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 che non adottino, a favore dei lavoratori, le misure igieniche sopra indicate;

- l’articolo 282, comma primo lettera b), punisce il datore di lavoro ed i dirigenti con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda da 800 a 2.000 euro che non ottemperino agli obblighi di comunicazione e di adozione delle misure di emergenza rispettivamente previsti dagli articoli 269 e 277.

A tal proposito si osserva che, per quanto riguarda la valutazione della condotta soggettiva dell’autore di contravvenzioni, l’interpretazione tradizionale del terzo capoverso dell’art 42 c.p. (affermante che nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa) ha influenzato la prassi giudiziaria al punto da sancire una sorta di responsabilità oggettiva dell’autore delle contravvenzioni, il quale si trova in una sorta di inversione dell’onere della prova. Intendo affermare che la causa del predetto indirizzo dottrinario e per la constatazione secondo la quale il legislatore ha inteso agevolare la repressione dei reati contravvenzionali, l’istruttoria di detti reati normalmente esclude un’approfondita ricerca di ordine psicologico anche per la loro diminuita offensività sociale. Pertanto la prassi afferma una presunzione di colpevolezza vincibile esclusivamente con la prova contraria che l’imputato ha l’interesse fornire. Tuttavia detta costruzione teorica per chiunque abbia pratica delle aule di giustizia appare fondamentalmente iniqua poiché in tal modo il pubblico ministero viene sostanzialmente alleviato dal suo compito di ricercare prove idonee a sostenere l’ipotesi accusatoria in dibattimento, mentre alla difesa viene addossata la “probatio diabolica” della buona fede del proprio assistito. Una visione più equilibrata dovrebbe prevedere un minimo di ricerca probatoria tale da dimostrare univocamente, almeno attraverso la esibizione di indizi gravi, precisi e concordanti, la consapevolezza dell’agente di avere ottenuto un comportamento antigiuridico nell’atto di assumere la condotta omissiva o commissiva prevista dalla legge come elemento materiale del reato contravvenzionale.

Al fine di promuovere il ravvedimento operoso dei rei e di incrementare, al contempo, la sicurezza dei lavoratori il d.lgs. 19/12/1994 n. 758 prevede (articolo 20) che, allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza impartisca al contravventore un’apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo tecnicamente necessario, comunque non prorogabile oltre sei mesi. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine viene verificato (articolo 21) l‘adempimento della prescrizione:

- se la stessa è adempiuta l’organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda. Se il contravventore adempie alla prescrizione nel termine fissato e paga la sanzione amministrativa il reato è estinto (articolo 24);

- qualora risulti l’inadempimento alla prescrizione l ‘organo di vigilanza informa il pubblico ministero ed il contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine della prescrizione.

Infine l’articolo 24, comma terzo, del d.lgs. 758/1994 consente l’adempimento della prescrizione in un termine più lungo, ma che comunque risulta congruo ai sensi dell’articolo 20, comma primo, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione con modalità diverse da quelle indicate dell’organo di vigilanza, sono valutate, ai fini dell’applicazione dell’istituto dell’oblazione previsto dall’articolo 162 bis del codice penale, e pertanto, in tali casi, la somma da versare è ridotta al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

La tutela penale del consumatore dalla contaminazione dell’acqua causata dal morbo della legionella.

La tutela penale del consumatore dal rischio rappresentato dalla contaminazione dell’acqua da agenti patogeni è assicurata dall’articolo 440 del codice penale che punisce con la reclusione da tre a dieci anni chiunque corrompe o adultera acque destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica. Inoltre l’articolo 439 del codice penale punisce con la reclusione non inferiore a quindici anni, o con l’ergastolo se dal fatto deriva la morte di una persona, chiunque avvelena acque o sostanze destinate all’alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo. Occorre notare che la contaminazione delle acque con agenti patogeni equivale alle ipotesi di avvelenamento (più grave) o, a secondo della gravità della condotta e del grado di contaminazione, alle ipotesi di corruzione o di adulterazione; invece laddove gli agenti commettano colposamente i sopra descritti reati l’articolo 452 del codice penale prevede sanzioni di minore entità, ovvero la pena ridotta da un terzo ad un sesto per l’articolo 440 del codice penale o la reclusione da sei mesi a tre anni per l’articolo 439 del codice penale. La rilevanza dell’inquinamento delle acque da prodotti patogeni è presente pure nell’impresa in cui l’imprenditore, in qualità di datore di lavoro, se da un lato nei confronti dei dipendenti esplica il potere direttivo, di indirizzo e gerarchico sancito dall’articolo 2086 del codice civile, d’altra parte, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile, “è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.

Le linee guida per la prevenzione dalla legionella.

In particolare i dati significativi relativi alla contaminazione da legionella sono contenuti nel documento, dal titolo “Linee - guida per la prevenzione e il controllo della legionellosi”, del 4/4/2000 (pubblicato su G.U. n. 103 del 5/5/2000) della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano che definiscono i seguenti punti:

- legionellosi è una malattia infettiva grave a letalità elevata;

- la legionellosi è la definizione di tutte le forme morbose causate da gram

- negativi acrobi del genere legionella.

Essa può manifestarsi sia in forma di polmonite, sia in forma febbrile extrapolmonare o in forma subclinica. La specie più frequentemente coinvolta in casi umani è la legionella pneumophila anche se altre specie sono state isolate da pazienti con polmonite;

- l’unico serbatoio naturale di legionella è l’ambiente. Dal serbatoio naturale (ambienti lacustri, corsi d’acqua, acque termali...) il germe passa nei siti che costituiscono il serbatoio artificiale (acqua condotta cittadina, impianti idrici dei singoli edifici, piscine....);

- la legionellosi viene normalmente acquisita per via respiratoria mediante inalazione di aerosol contenente legionelle, oppure di particelle derivate per essiccamento;

- le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superficie solide. Più piccole sono le dimensioni delle gocce più queste sono pericolose;

- i principali sistemi generanti aerosol che sono stati associati alla trasmissione della malattia comprendono gli impianti idrici, gli impianti di climatizzazione dell’aria (torri di raffreddamento, sistemi di ventilazione e condizionamento dell’aria......), le apparecchiature per la terapia respiratoria assistita e gli idromassaggi.

Tra i testi di riferimento devono essere ricordate anche:

- le linee guida nazionali recanti indicazioni sulla legionellosi per i gestori di strutture turistico – ricettive e termali al 13/1/2005.

- le linee guida per la definizione di protocolli tecnici di manutenzione predittiva sugli impianti di climatizzazione, approvate nella seduta del 5/10/2006 dalla Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano.

La modifica del titolo V della Costituzione attribuisce prevalenza alla legislazione regionale e nella Regione Lombardia le normativa di riferimento sono le seguenti: - linee guida regionali per la prevenzione e controllo della legionellosi in Lombardia approvate con Decreto del direttore generale della Sanità del 28/2/2005;

- il decreto legislativo n. 1751/2010. Tale ultimo testo normativo afferma che nell’anno 2005 si è manifestato un valore medio di 350 casi all’anno ed i casi di legionellosi risultano particolarmente ricorrenti nella popolazione oltre i 60 anni di età. Inoltre si afferma che la prevenzione si basa essenzialmente su un controllo e su una corretta manutenzione degli impianti ritenuti più frequentemente responsabili di contaminazione da parte del microrganismo.

La gestione delle reti idriche ed il contenimento della morosità nel servizio idrico integrato

Gli articoli 119 e 154 del d.lvo 3.4.2006 n.152 sostengono la necessità di garantire la tutela della risorsa idrica attraverso politiche dei prezzi che incentivino l’uso efficiente della stessa tenendo conto del principio della copertura dei costi efficienti di gestione e di investimento, compresi i costi ambientali e della risorsa secondo il principio “chi inquina paga”.

L’art. 149 -bis, comma primo, del d.lvo 3.4.2006 n. 152 afferma che il servizio idrico integrato è un servizio a rete di rilevanza economica i cui costi efficienti di gestione e di investimento, compresi i costi ambientali e della risorsa, devono essere coperti dalla relativa tariffa al fine di garantire l’equilibrio economico – finanziario della gestione e la sostenibilità per tutti gli utenti. L’art. 61, comma primo, della legge 28.12.2015 n. 221 stabilisce che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro trenta giorni dall’entrata in vigore della legge, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano individuati i principi e i criteri per il contenimento della morosità degli utenti del servizio idrico integrato assicurando che sia salvaguardata, tenuto conto dell’equilibrio economico e finanziario dei gestori, la copertura dei costi efficienti di esercizio e investimento e garantendo il quantitativo minimo vitale di acqua necessario al soddisfacimento dei bisogni fondamentali di fornitura per gli utenti morosi.

Il predetto decreto attuativo è il d.p.c.m. 29.8.2016 (pubblicato su GU n. 241 del 14.10.2016) che si attiene ai seguenti principi:

- l’interruzione della somministrazione di acqua all’utente moroso deve tenere conto di molteplici fattori di varia natura, da quelli alimentari, igienico sanitari e di tutela della salute e della tipologia di utente, a quelli di tutela della risorsa fino alla necessità di copertura dei costi del servizio a garanzia dell’equilibrio economico finanziario della gestione; - il quantitativo minimo di acqua vitale necessario al soddisfacimento dei bisogni essenziali alimentari, igienico sanitari e di tutela della salute è stabilito in cinquanta litri per abitante al giorno, tenendo conto che l’organizzazione mondiale della sanità ha fissato tale quantitativo o minimo vitale in quaranta litri a persona nel documento della Division for sustainble development “Rio 2012 issue briefs -water”;

-nelle utenze in documentate condizioni economiche disagiate il quantitativo minimo vitale deve essere garantito anche in caso di morosità. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas definisce le direttive per il contenimento della morosità nel settore del servizio idrico integrato e disciplina le seguenti materie:

* le modalità e le tempistiche di lettura e di autolettura dei contatori;

*le modalità di ammodernamento dei sistemi di misura e di lettura dei consumi;

*la periodicità e le modalità di fatturazione;

*le procedure di pagamento anche con definizione di piani di rateizzazione per importi determinati;

*le modalità di gestione delle controversie;

*le procedure di messa in mora dell’utente e di recupero del credito, assicurando una congrua tempistica per il rientro della morosità;

*le procedure per la disalimentazione degli utenti morosi.

Non è consentita la disalimentazione del servizio nei confronti dei seguenti soggetti:

*agli utenti domestici che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico -sociale, come individuati dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas e il sistema idrico in coerenza con gli altri settori della stessa regolati, ai quali è in ogni caso garantito il quantitativo minimo vitale pari a cinquanta litri abitante – giorno;

*alle utenze relative ad attività di servizio pubblico, individuate dalla predetta Autorità in coerenza con gli altri settori dalla stessa regolati.

L’autorità per l’energia elettrica ed il gas e il sistema idrico nel definire le direttive per il contenimento della morosità nel settore idrico integrato prevede a tutela dell’utente che la sospensione del servizio sia applicata:

*per le utenze domestiche residenti morose, diverse dalle utenze morose non disalimentabili e sopra descritte,soltanto successivamente la mancato pagamento di fatture che complessivamente siano superiori a un importo pari al corrispettivo annuo dovuto relativo al volume della fascia agevolata, come determinato dalla predetta Autorità;

*per tutte le utenze morose, solo successivamente alla regolare messa in mora degli utenti da parte del gestore e all’escussione del deposito cauzionale, ove versato, nei casi in cui lo stesso non consente l’integrale copertura integrale del debito.

L’Autorità stabilisce:

*gli utenti domestici residenti che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico – sociale;

* le utenze relative ad attività di servizio pubblico non disalimentabili;

* gli obblighi di comunicazione all’utenza da parte del gestore prima di procedere alla sospensione del servizio;

* le forme di rateizzazione che il gestore dovrà adottare per la definizione di piani di rientro in caso di morosità;

*le modalità di riattivazione del servizio in caso di sospensione;le modalità di reintegro da parte dell’utente del deposito condizionale escusso dal gestore, privilegiando forme di rateizzazione con addebito in fattura.

 

di Giulio Benedetti

Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano 

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